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Il panorama italiano dei negozi alimentari e beni di prima necessità sta mutando considerevolmente.
Pur con notevole ritardo rispetto a Francia, Germania e nord Europa, anche noi assistiamo alla concentrazione commerciale in grandi o enormi superfici di vendita, alla crescita delle catene, dei Gruppi d’Acquisto, dei Consorzi, delle Cooperative.
Spariscono i piccoli punti di vendita e al loro posto si aprono nuovi supermercati, nuovi iper, dove oltre a cibi e alimenti si vende di tutto.
Questa dinamica commerciale, guidata da multinazionali o da grandi aziende o gruppi finanziari, tende a unificare su scala nazionale e sovranazionale, i metodi della vendita, le strategie di vendita, la disposizione delle superfici, i colori degli scaffali, gli arredamenti, la dislocazione dei prodotti, l’architettura, il parcheggio, gli sconti, i concorsi, le degustazioni.
La scomparsa dei piccoli commercianti e il livellamento su superfici medio alte che ne consegue è un bene, è un progresso? Per il consumatore certamente no. I prodotti alimentari a diffusione nazionale o europea sono i peggiori per qualità e alto contenuto di coadiuvanti tecnologi con relativi conservanti, coloranti, residui tossici di lavorazione, ecc. Pensate alle salse, ai sughi di tutti i tipi e di tutte le nazioni, alle maionesi, ai patè, alle scatolette di verdure, alle bevande fantasia, alle date di scadenza e al tempo trascorso dai prodotti nei magazzini, al caldo e al freddo patito entro i camion nei viaggi da un deposito all’altro, da una città all’altra, percorrendo in lungo e in largo la penisola.
Lentamente quindi, ma inesorabilmente, la forza di concentrazione e specializzazione della Grande Distribuzione Organizzata trionfa sui negozi tradizionali. La tecnica di vendita è sempre la stessa, cioè di far acquistare al cliente più di quanto egli si sia proposto partendo da casa e più di quanto egli abbia effettivamente bisogno.
Le tecniche di vendita
I consumatori vengono costretti a fare lunghi giri obbligati dentro il negozio e a vedere articoli che non interessano, che non pensavano di acquistare addomesticando la loro volontà di resistenza. Qualcuno ricorderà la sensazione irritante provata le prime volte, quando entrava in un autogrill per bere un caffè o anche solo per andare al gabinetto ed era poi costretto a una lunghissima passeggiata tra prosciutti e cravatte per arrivare all’uscita.
Ora ci siamo abituati. I nostri figli lo trovano logico. Il trucco del qui si entra e lì si esce è congeniale a questa politica. Una volta entrati, vuol dire, dovete comprare a tutti i costi, anche quello che non «volevate», anche quello che non vi serve. Sono luoghi dove il consumatore deve essere invogliato all’acquisto, lo deve fare d’impulso, senza pensare, senza resistere o opporsi alle tentazioni, perché tutti gli altri hanno già il carrello più pieno del vostro. La dislocazione dei prodotti, l’armonia dei colori e i percorsi obbligati sono studiati con questo intento: vincere la vostra resistenza.
Gli acquisti di impulso
Le merci sono disposte secondo una tecnica tutta particolare. Andate apposta a fare la spesa in due supermercati differenti e vi accorgerete che ognuno ha una «logica» completamente diversa nell’esporre i vari articoli.
Quello che è vicino all’ingresso nell’uno, lo trovate al centro nell’altro. Il banco delle vendite a peso o al taglio si trova in un punto apparentemente non logico. Se da una parte la verdura è all’uscita, in un altro magazzino la troverete all’entrata. E così via.
Ma tutto ciò non è frutto del caso.
Queste sistemazioni sono studiate ad arte da esperti psicologi e strateghi della vendita. Il loro imperativo è vendere, vendere a più non posso, sfruttando tutti i metodi. Più la merce rimane sugli scaffali meno rende e nel commercio, ciò che non rende è da eliminare. Per esempio, i generi di prima necessità, come lo zucchero, il sale, le patate, la pasta dove il guadagno è limitato, non sono mai in bella mostra, anzi, vengono quasi mimetizzati, nascosti, a volte accatastati ancora dentro alle scatole da imballo perché il consumatore non ha bisogno di essere stimolato da avvisi, belle etichette, colori sgargianti per acquistarli, ne ha la necessità.
Vi sono invece delle aree del negozio e delle sezioni di scaffali «privilegiati», ove qualunque cosa il venditore esponga, viene subito acquistata. Vengono chiamate «posizioni civetta». Quelle che i fornitori «pagano» perché vi siano posti i loro prodotti.
Le zone in testa alla fila o all’inizio di un nuovo reparto sono le più redditizie perché catturano l’attenzione dopo il passaggio tra merceologie diverse. Lo stacco, sia pratico che psicologico, mette il consumatore nello stato d’animo più ricettivo alla novità. Ecco che lì vengono piazzati ce-stoni, gondole, banchetti di promozioni e zone di assaggio più efficaci nella persuasione all’acquistare.
Poi ci sono gli scaffali ad altezza occhio-mano. Quelli cioè situati all’altezza degli occhi e che tutte le persone spingendo il loro carrello, vedono bene, senza doversi abbassare, chinare o arrampicarsi. Ovviamente su questi ripiani vengono collocate quelle cose che costano di più, che rendono un maggiore profitto, che devono essere eliminate perché prossime alla scadenza, che si vogliono vendere a dispetto di altre.
I supermercati questi scaffali li «vendono» ai fornitori più potenti, che possono permettersi di pagare per lo scaffale miracoloso.
Come vedete sono tante le componenti che determinano la scelta della posizione e soprattutto niente è lasciato al caso.
Marketing, parola magica
Cosa rende così competitivo il supermercato o il punto vendita di una catena nazionale o regionale rispetto al negozietto sotto casa? Le tecniche e il know-how di cui si parlava prima. Adozione del serf-service, che riduce il personale addetto alla vendita, l’acquisto di grandi quantitativi dei singoli pezzi per ridurre i prezzi unitari, la massima rotazione della merce, cioè appena arrivata subito venduta. L’esperienza positiva e negativa acquisita in una città viene trasferita subito, senza rischio, in un’altra. Le spese di esercizio si abbattono, la divisione del lavoro è migliore, i ritmi e le specializzazioni meglio sfruttati. Ma tanto investimento deve necessariamente rendere molto. È come un aereo che per essere redditizio deve avere sempre tutti i posti occupati. Gli specialisti dei supermercati si devono preoccupare di riempire sempre l’aereo. Ecco come fanno o come cercano di fare.
Esporre il più possibile
La tecnica espositiva consente, una volta stabilito il tipo di clientela su cui si vuole influire: giovani, anziani, residenti o di passaggio, turisti, maschi, femmine, di attuare al meglio la fase dell’adescamento.
L’uso del calcolatore inoltre dà la possibilità di sapere quotidianamente quali sono i generi che meno rimangono sullo scaffale, quelli che girano di più, i pesi morti, quelli che non occorre «spingere» perché si vendono da soli. L’imperativo categorico è comprare merce che rimanga il meno possibile nel negozio, offrire «tutti» i generi che il cliente possa voler acquistare, fargli comprare quelli che rendono di più, aggiungere tutti quegli articoli che fanno aumentare il totale dello scontrino per ogni spesa effettuata. Mettergli davanti al naso più cose possibili. Il motto è «meglio vendere centomila a ogni cliente anziché la metà».
Tre categorie di beni
Si possono dividere artificiosamente in tre categorie i beni che i consumatori acquistano: di prima necessità; di necessità media e quelli superflui. Vengono sistemati qua e là apparentemente senza criterio.
I primi non hanno bisogno di zone particolari. Sono posti ovunque e si acquistano d’impulso e senza fare confronti. Nel labirinto del negozio poi si trovano i secondi, con media caratterizzazione e limitata attrazione. Poi tra i beni «necessari» che il negoziante è costretto a vendere per il largo uso anche se con profitto ridotto, come la pasta, lo zucchero, i dolci, il sale, il consumatore trova i terzi. tutta una serie di articoli che non aveva nessuna intenzione di comprare, ma che nella peregrinazione forzata prima o poi metterà nel carrello. Controllate la localizzazione di beni come latte, uova e pane: sono sempre molto distanti tra loro e in luoghi diametralmente opposti. Non è certo un caso. Percorrere le lunghe corsie «cercando» aumenta incredibilmente le possibilità di acquistare impulsivamente beni non previsti e non necessari.
Lo stimolo alla scelta
Quali sono gli stimoli che fanno scattare l’atto della scelta? L’esperto di vendite sa che il colore, la confezione, l’accessibilità, la quantità esposta possono influenzare i meccanismi della scelta. Operando sul criterio di accostamento dei diversi settori, sulla disposizione architettonica, sull’arredamento, sullo spazio dello scaffale riservato a ogni articolo si capta l’attenzione del potenziale acquirente. Anche qui nulla è lasciato al caso. Vi è una continuità generale, non generica, tra un prodotto e l’altro, e i prodotti si susseguono e seguono i bisogni con andamento naturale per soddisfare meglio e di più.
Le varie altezze degli scaffali
Non ci avrete mai pensato, forse, ma come detto prima gli scaffali ad altezza degli occhi sono quelli che «vendono di più». L’ultimo in alto, poco visibile, è quello dove si trovano gli articoli che «si vendono lo stesso», o perché molto reclamizzati o perché di primissima necessità. Sui ripiani più bassi finiscono i dolciumi, le cioccolate, bonbon che i bambini che accompagnano le madri vedranno meglio dei grandi e metteranno essi stessi nel carrello.
Le ditte fornitrici, oltre a fornire mobiletti, scaffali, espositori, cestelli di forma esclusiva e con il marchio del loro prodotto, per far aumentare le vendite sono disposte a «pagare» perché nel supermercato venga loro riservato il famoso terzo e quarto ripiano all’altezza del naso.
Psicologia come forma di vendita
La disposizione ottimale deve essere vivace, colorata, varia ma non dissuadente. Per esempio uno scaffale tutto pieno, «a muro» non attirerà il consumatore, perché questi non si prenderà la responsabilità di rompere l’equilibrio, di spezzare l’armonia. Lo stesso dicasi di pochi pezzi lasciati su di un ripiano vuoto. Fanno dubitare. Meglio lasciarli lì.
Altri segnalatori, come bandierine, cartelloni, piantane, cestelli, campagne promozionali, banchi d’assaggio, esperti che consigliano sul posto, offerte particolari, prendi tre paghi due, giocattoli, casalinghi, viaggi e premi abbinati, bollini da raccogliere, possono invogliare estemporaneamente all’acquisto.
Queste forme servono per lanciare un prodotto nuovo o smerciare quelli presenti da troppo tempo. L’alnbondanza spinge all’acquisto nell’illusione di risparmiare. Molto spesso il cliente si trova nel carrello merce di cui non aveva vero bisogno e di cui non ha valutato la reale convenienza. Anche le offerte stagionali di articoli per la casa creano una movimentazione nell’assortimento. La massaia, che si reca periodicamente a fare la spesa, sarà contenta di rompere la solita routine con delle novità. Inoltre la «temporaneità» dell’offerta spinge all’acquisto, perché si ha paura di perdere un affare, un’occasione che non si ripresenterà più. Queste sottili furberie influenzano la persona che si ritroverà, per avere dato retta all’impulso, più che alla ragione, senza tenere conto cioè dei fattori di convenienza e di bisogno, alla fine con l’aver acquistato più di quanto aveva programmato e magari senza il denaro necessario una volta arrivata alla cassa.
La spesa intelligente
Ecco alcune regole d’oro utili per fare la spesa al supermercato nel modo più consapevole possibile e quindi conveniente per voi.
Compilate, prima di partire da casa, una lista dei prodotti che servono, dando un’occhiata a quello che è rimasto nel frigo e nella dispensa. Eviterete di segnare nell’elenco cose che avete già in casa e di cui vi eravate scordati.
Attenetevi scrupolosamente, una volta dentro al negozio, a quanto scritto, senza indulgere in tentazioni. Se andate sempre nello stesso supermercato conoscete già il percorso, non cambiatelo (fino a quando non saranno gli esperti a togliervi il tappeto da sotto i piedi, rivoluzionando tutto).
Fissate una somma da non superare. Anche il denaro contato è un buon sistema per evitare di comprare cose non volute. I moderni registratori di cassa hanno una funzione intermedia di calcolo e possono dare in qualunque momento il subtotale senza pregiudicare il normale scontrino. Potete chiederlo liberamente.
Importantissimo. Lo strumento più utile per chi vuole comprare con intelligenza è l’etichetta. Leggete attentamente gli ingredienti. Controllate scrupolosamente il prezzo del prodotto al chilo e al litro. Le confezioni spesso ingannano. Per farle stare comodamente negli scaffali, alcune merci, pur non avendone alcuna necessità, sono confezionate in scatolette o astucci geometrici molto voluminosi rispetto a quello che c’è dentro. Anche la forma di scatolette, barattoli, lattine, bottiglie tende a ingannare anche l’occhio più esperto. Sembrano un litro e non lo sono. Pertanto cercate sempre il peso netto indicato o il volume per le bottiglie. Se si tratta di alimenti immersi in liquido di conservazione: salamoia, aceto, sciroppo, ecc. controllate il peso sgocciolato, che è quello che interessa.
Con l’uso del codice a barre le scatolette, le bottiglie, le confezioni non sono più etichettate come una volta, una per una con il singolo prezzo. Per risparmiare tempo i supermercati lo mettono solamente sullo scaffale, con un risultato disastroso per il consumatore. Questa etichetta con il mezzo, poiché viene stampata «di malavoglia» essendo imposta contiene di solito:
la descrizione molto abbreviata del prodotto; sigle e codici utili per i dipendenti del supermercato, che confondono le idee al consumatore;
il prezzo unitario, molto in grande, anche se non sempre nitido, perché stampato al computer;
il prezzo al chilo o al litro, molto in piccolo, quasi illeggibile.
Quest’ultima cifra invece è fondamentale per confrontare la convenienza di prodotti simili: tonno, olio, vasetti, bevande, confezioni che non hanno Io stesso peso o capacità. Per esempio tre scatolette da 110 grammi o due da 160. Solo leggendo il prezzo al chilo si capisce il prodotto che costa meno. Alla fine viene da pensare che sia fondamentale per il supermercato che il consumatore non si accorga facilmente di quanto costa la roba al chilo.
In fatto di prezzatura la legge, che esiste e prescrive che ci sia il prezzo al chilo su tutto, è bellamente neutralizzata dalla furbizia del commerciante. Per non parlare del fatto che eliminando l’etichettina su ogni singolo prodotto con il prezzo e mettendolo sullo scaffale non si favorisce il consumatore, che una volta preso il prodotto, difficilmente se lo ricorderà, appena due metri più avanti.
Non limitatevi a scegliere i prodotti che sono a portata di mano. Abbiamo visto prima che sono quelli che costano di più. Cercate anche le altre marche. Confrontate i gusti di alimenti similari, facendo delle prove in famiglia. Preferite inoltre quelli dal sapore meno salato, perché il sale ammazza il gusto e vi toglie la sensibilità ai sapori più tenui, ma più genuini.
Se potete, non andate al supermercato di fretta e nell’ora di punta. La ressa vi impedisce di scegliere come dovreste e il tempo non speso a leggere bene le etichette, lo perderete lo stesso facendo la fila alla cassa.
Diffidate dei corridoi stretti e affollati dove non si può controllare con calma quello che si deve acquistare. Gli articoli 3×2 devono essere esaminati con molta attenzione: guardare bene la scadenza, l’imballaggio, lo stato di conservazione. Spesso si mette in promozione merce da tempo giacente in magazzino. Oppure siate sicuri di averne effettivo bisogno. Acquistare un barattolo in più per poi buttarlo tra i rifiuti, non vuoi dire avere pagato meno. Anche le confezioni multiple non rappresentano sempre uno sconto. Il più delle volte è una vendita di più articoli a prezzo regolare, moltiplicato per il numero delle unità. Cioè un trucco.
Nel famoso «terzo» ripiano finiscono anche articoli da esaurire a tutti i costi, perché vecchi, difettosi, vicini alla scadenza, inutili o a prezzi fuori concorrenza.
Osservate con occhio indagatore e soppesate bene le confezioni di saponette, dentrifici, noccioline, caramelle e tutti i generi confezionati in belle scatole colorate. A parità di volume, dentro ci possono essere differenze di peso molto rilevanti. Anche l’imballaggio esagerato rispetto al prodotto significa pagare cartone stampato in tanti colori o bella plastica serigrafata per merce.
Alla cassa tutte le merci vengono passate sullo scanner, uno strumento messo sotto il piano del banco che legge con dei raggi laser sottilissimi il prezzo, codificato dal codice a barre. Il registratore di cassa è collegato direttamente a un elaboratore che «riconosce» dalle barre il prodotto e gli assegna il prezzo precedentemente stabilito… E un’innovazione funzionale per il venditore, perché elimina gli errori di battuta e gli consente di tenere sott’occhio il magazzino.
Il consumatore però non può ricordarsi se il prezzo indicato sullo scaffale è lo stesso battuto dalla cassa elettronica. A parte errori inevitabili anche delle macchine più sicure e affidabili di cui nessuno si può accorgere, può capitare anche che il gestore aumenti il prezzo sul terminale, ma si «dimentichi» di indicarlo anche sullo scaffale; giocando sul fatto che nessuno controlla a casa uno scontrino con cento, duecento voci, l’errore o l’imbroglio, non viene scoperto.
I salumi e gli insaccati già affettati e confezionati in busta trasparente dovrebbero essere acquistati, come le scatolette, solo per l’emergenza
e non di norma. Sono meno freschi e con più conservanti e coloranti. Idem per le fette di formaggio e piatti pronti tipo «rosticceria» vari. Meglio fare la coda e farsi tagliare un pezzo di formaggio fresco o dei salumi al momento. Preferite piuttosto i prodotti naturali surgelati.
La frutta e la verdura già confezionata in vaschette o pvc trasparente hanno di solito in etichetta la data di incarto e il prezzo al chilo. Prendete l’abitudine di controllare. Qualcuno ha l’accortezza di posdatare il giorno di confezionamento. Controllate con un occhio più severo che la frutta e la verdura siano mangiabili. Non è infrequente trovare a casa sotto il cellofan mele, arance, limoni e altro già attaccati dalle muffe e batteri. Ricordate comunque che per i tempi di imballaggio, l’organizzazione e il criterio di distribuzione, la frutta confezionata nella vaschetta o cellofanata è sempre meno fresca di quella del mercato o del negozio di frutta e verdura vicino a casa. E se fate attenzione anche al prezzo troverete delle sorprese perché il lavoro aggiuntivo della confezionatura nel vassoietto e la ricopertura di film plastico ha un costo. Non dimenticate inoltre che il contatto diretto del pvc con gli alimenti, anche se poco, è sempre dannoso alla salute.
Verdure e insalate già lavate e tagliate, pronte per l’uso, anche se accattivanti perché già pronte e utili per chi lavora tutto il giorno, sono a rischio per igiene e muffe. È intuitivo che la freschezza, già compromessa per frutta e verdura in genere, lo sia maggiormente in questo caso, vista la distanza che la merce percorre regolarmente dal luogo di imballaggio al negozio.
Conservate lo scontrino nel caso siate costretti a ritornare per qualsiasi contestazione. Avrete più forza.
Evitate con fiera determinazione le merendine, i salatini, le patatine, i vassoietti, con bambole, pupazzetti, puzzle, giochi, bollini, raccolte, viaggi premio. Fanno parte della vendita a tutti i costi. I bambini, che sono più influenzabili, vi chiederanno di acquistarli non per sé stessi, ma per la sorpresa che c’è dentro o abbinata in bella vista. È un gioco sleale.
È certo comunque che nonostante tutti i suggerimenti e indicazioni e l’attenzione prestata per attivare i meccanismi di difesa da acquisti superflui, si finisce sempre per soccombere alle tentazioni e acquistare più cose di quante si abbia realmente bisogno. Nelle società opulente si trova dentro ai bidoni della spazzatura quanto basterebbe per sfamare un quarto della popolazione meno fortunata. Anche in Italia non siamo esenti da questo spreco.
Come scegliere il supermercato
Nel budget di una famiglia di quattro persone i soldi spesi per mangiare e per pulire (igiene personale e della casa) rappresentano una quota considerevole. Per questo la decisione di come e dove andare a fare gli acquisti per risparmiare è molto importante. Una rivista specializzata sui test di qualità e di convenienza ha scoperto che il risparmio tra un supermercato e l’altro su determinati articoli parte dal 10 e arriva al 50%. Per ottenere questi dati, si è investigato su 200 prodotti scelti tra alimentari, bevande, detergenti per la casa e per la persona. Tutti della stessa marca, peso e confezione. La carne, la frutta e gli ortaggi che non hanno marchio sono stati considerati per categorie confrontabili: per le arance i tarocchi di Sicilia, le mele quelle Golden, per la carne di vitello i nodini, le fettine, il filetto, per il manzo la polpa scelta, la polpa famiglia. In Italia si trovano anche marche locali distribuite per singole regioni, per una parte degli stessi alimenti si è adottato il criterio del prodotto meno caro per ogni categoria. Ad esempio: un litro di acqua minerale, un tubetto di dentifricio da 100 gr., una lattina di birra Pils da 33 cl, lo yogurt bianco intero, mezzo chilo di spaghetti.
I risultati. Generi di marca come gli altri. Si tenga presente che il confronto tra un supermercato e l’altro non si può fare considerando un solo prezzo. Se in uno le banane costano di più non vuol dire che questo supermercato è il più caro. Si devono paragonare tanti prodotti.
Nel conto finale la differenza è risultata sensibile: i supermercati sono più cari al nord che al sud, e differenze sensibili si sono riscontrate anche tra supermercati della stessa città. Inoltre è apparso molto evidente che si risparmia se non si acquistano prodotti di marca o molto pubblicizzati. Soprattutto nel centro e nel sud i supermercati attuano la politica delle marche proprie che sono più competitive (prodotti Conad, Despar, Vegè, Coop, ecc.). Il consumatore infatti non si deve far condizionare dal prezzo perché l’equazione prezzo alto uguale buona qualità, prezzo basso uguale qualità scadente è raramente confermata dai fatti. Come abbiamo già ripetuto la marca nazionale e la pubblicità si pagano in più e sono un costo — inutile — aggiunto nel prezzo.
Dopo aver fatto il confronto dunque, può valere la pena di fare anche qualche chilometro di macchina in più, per risparmiare.
Un argomento di attualità
L’apertura di numerosi punti vendita di tipo «hard discount» cioè supermercati con prezzi molto bassi, ha inaugurato anche in Italia una nuova prospettiva commerciale. Gli «hard discount» sono pensati e organizzati per vendere tutto a prezzi bassi. Pertanto gli scaffali, l’ubicazione, il personale, l’attrezzatura sono ridotti al minimo indispensabile.
Le «referenze» cioè i prodotti, sono pochi, quindi è offerta una minor scelta, ma minore immobilizzo per la gestione.
Tutto è studiato per avere il minimo dei costi fissi. Il successo avuto da questi nuovi supermercati, oltre che una salutare smossa al mercato tradizionale, irrigidito sulle sue rendite di posizione, indica che i consumatori possono fare a meno dei prodotti di marca e che la grande distribuzione ha esagerato con il tacito accordo della soglia minima di prezzo, con la concorrenza addomesticata, con la fidelizzazione dei clienti. La concorrenza vale sempre. Quando c’è. Abbiamo segnalato i prezzi differenti praticati per gli stessi prodotti, se venduti in punti vendita diversi, sia pure della stessa insegna. Succede in tutte le città. Spesso il prezzo più alto è legato ai costi di gestione del magazzino. Un negozio in centro, con minor superficie di vendita, raggiungibile solo con automezzi ridotti, dovrà maggiorare i prezzi. I consumatori capiscono che pagano il servizio e la comodità di un negozio sotto casa.
In periferia, dove la merce arriva con i TIR e si possono scaricare pallet interi, l’organizzazione del lavoro è più semplice, servono meno persone, e dunque i prezzi possono essere più bassi.
In certi giorni della settimana, inoltre, i prezzi verranno abbassati per invogliare quelli che possono, a non far acquisti il sabato, destinato a chi lavora negli altri giorni.
Ma non è solo la somma di queste voci che fa il prezzo. Spesso i responsabili del punto vendita devono tenere d’occhio la concorrenza. Se un negoziante vicino pratica prezzi più bassi su un articolo, ecco che scatta la guerra. Anche di qualche centesimoo, ma il prodotto cala. Vale per tutti i generi, il vino, i surgelati, frutta e verdura se c’è un mercato vicino. Ma state pur certi che quella riduzione viene subito recuperata alzando il prezzo di prodotti non in concorrenza.
La qualità costa. La giustificazione della Grande Distribuzione è che la qualità ha un prezzo e dentro la parola «qualità» si comprende anche l’igiene del negozio, lo spessore del servizio, la vicinanza a casa, il parcheggio, la sicurezza sociale della zona, che sono sì delle variabili costose, ma non sempre indispensabili per tutti.
La pubblicità è l’anima de… Inoltre la pubblicità, le campagne 3×2 e4x2, i regali, le vendite a premi, gli sconti ai commercianti per quantità, sono cose piacevoli, ma costose e quindi contribuiscono ad aumentare i prezzi.
Per quanto riguarda le grandi marche, è ora di mettere in discussione la qualità dei prodotti di marca, legata invece soprattutto al sostegno pubblicitario e alla fedeltà del consumatore.